lunedì 30 gennaio 2012

Dimentichiamoci a memoria la "Giornata della memoria", per ricordarcene tutto l'anno...



For many Italian citizens of Jewish religion their way to death in extermination camps began in our own provinces, coming from every where in Italy not knowing the area, disoriented, running the risk of falling into a trap at any moment.



Faccio pochi passi, alla cieca, precipito in una scarpata. Il sacco attutisce il colpo. Si sente l’acqua di un torrente. Risalgo a fatica il pendio, trovo un piccolo sentiero, scendo e sento alle mie spalle gli altri. Un contrabbandiere ha voluto seguirci: non si è sentito di abbandonare il piccolo Romano. Comincio ad attraversare il torrente che si intravede a malapena su alcuni assi. Un’improvvisa sciabolata di luci: delle urla: un fucile puntato al petto. ACHTUNG! Sono gli svizzeri, alzo le mani e mi volto istintivamente per vedere se ci sono gli altri. Si, ci sono tutti. Romano è stato appoggiato su un sasso, il contrabbandiere è scomparso. Attraversiamo ancora pochi metri e ci troviamo attorno tre o quattro soldati. Parlano tedesco, ma nessun dubbio che siano svizzeri, come sono. Ci fanno salire verso un gruppetto di capanni che si intravedono. Siamo finalmente arrivati dopo un mese di peregrinazioni… (I take few steps, blindly, I fall into a skarp. The bag softens the blow. You can hear the water of a stream. I go up the slope with difficulty, I find a small path, I go down again and I hear behind me the others. A smuggler wanted to follow us: he was not up to leaving little Romano. I begin to cross the stream, which you could barely glimpse, on some boards. A sudden ray of light: the screams, a rifle hold to my chest. ACHTUNG! They are the Swiss soldiers, I raise my hands up and I turn instinctively to see if the others are behind me. Yes, there are all of us. Romano was placed on a stone, the smuggler was gone. We take few more steps and we are surrounded by three or four soldiers. They speak German, but no doubt they are Swiss. They lead us to a handful of huts that can be seen. We finally arrived after a month of wandering...)” - Paolo Ravenna 17 anni, espatriato con il padre Renzo, la madre  Lucia, la sorella Donata di 14 anni e Romano di 8.


Durante il cammino il Ragazzi, interpellato come mai, pur essendo così giovane, non era  militare, rispose: sono una spia dei Tedeschi. Credevamo che scherzasse. Ad un certo punto udimmo degli spari. Quando il maresciallo ci catturò, le guide si allontanarono accendendo la sigaretta come se nulla fosse stato. A Ponte Tresa fummo interrogati dai tedeschi; riferimmo il nome dei Cucchi: i tedeschi sorrisero (Along the way, someone asked Ragazzi why, despite being so young, he was not in the army. He replied: I am a spy for the Germans. We thought he was joking. At one point we heard the sound of gunshots. When the marshal caught us, the guides lit a cigarette as if nothing had happened. In Ponte Tresa the German officers interrogated us and we reported the name of Cucchi’s: the Germans smiled)” - Elena Kugler venne consegnata nelle mani tedesche con la madre e le sorelle Gisella e Maddalena il 2 maggio 1944 dai "passatori".

“Dai fate un altro piccolo sforzo, ci davano la mano oppure il braccio rincuorandoci: fra qualche ora sarete al sicuro, ogni vostro problema sarà risolto. E, infatti, ad un certo punto, prima di arrivare al confine, ci hanno fatto vedere: guardate, basta sollevare la rete e voi siete a posto. Noi di là non possiamo andare, dateci la mezza figurina e buona fortuna. Si giravano ed emettevano un fischio. In quello stesso istante si  accendeva una luce nella casermetta alla  nostra destra, venivano fuori dei militari della finanza e gridavano: -Altolà, siete in arresto!- Eravamo storditi, increduli (-Make another little effort!- they took our hands or gave us their arms, trying to cheer us up. -A few hours and you will be safe, all your trouble will be over- and, in fact, at one point, before arriving at the border, they showed us: -look, you can simply lift the net and you're there. We can not go there, give us the “half sticker” and good luck- They turned around and gave a whistle. At that same moment, a light was lighted from a small barracks on the right, some soldiers came out and shouted -Halt, you are under arrest!- We were stunned, dazed)” - Agata Herskovitz, 20 anni, arrestata assieme al padre e al fratello vicino al confine di Cremenaga il  1° Maggio 1944, traditi dai propri accompagnatori”.

Lo sfortunato tentativo di fuga avvenne alla metà di dicembre e io e mio papà eravamo due milanesi di città,non abituati alla vita sportiva,ma ricordo che correvo, come una pazza, con la mano nella mano di mio papà, correvo su per la montagna e mi sentivo un’eroina e speravamo di farcela, pur attraverso mille disagi. Era una cosa fantastica correre verso la terra della libertà, della speranza, purtroppo poi le  cose andarono diversamente. Infatti, una volta attraversata la frontiera, ad Arzo, l’ufficiale svizzero tedesco non volle sentire ragioni e disse che la Svizzera era piccola e che eravamo impostori e ci rimandò indietro accompagnati dalle sentinelle armate, passando pressappoco per la medesima via che avevamo fatto la mattina. Era una cosa che ci colpiva, non solo perché eravamo in pericolo di morte, ma perché avevamo incontrato una persona insensibile come quella (Our unsuccesful attempt of escape took place in mid-December. My father and I were two town people from Milan, not used to outdoor activities, but I remember that I was running like crazy, hand in hand with my father, I ran up the mountain and I felt like a heroine and hoped to make it, even through a thousand uneasinesses. It was absolutely terrific to run toward the land of freedom, of hope, then, unfortunately, things did not go like we had expected. Actually, once crossed the border at Arzo, the Swiss officer did not want to see reason and said that Switzerland was small and that we were impostors and sent us back with an armed escort through the same route we had passed in the morning. It struck us that we had met such a pitiless person, not only because we were in peril of life)” - Liliana Segre, 13 anni, arrestata con il padre Alberto l’8 dicembre 1943 a Selvetta di Viggiù perchè respinti dalle Guardie di Confine svizzere. Entrambi deportati ad Auschwitz il 30 gennaio 1944. Il padre Alberto morì il 27 aprile 1944.

mercoledì 25 gennaio 2012

Giorno della Memoria


In occasione della "Giornata della Memoria", oltre all'iniziativa in collaborazione con la Pro-Loco di Binago, ricordiamo che a Legnano, presso Palazzo Leone da Perego, e' in corso fino al 19 Febbraio 2012 una mostra dedicata al pittore Zoran Music (Gorizia,1909-Venezia,2005), testimone diretto della Shoah: come il suo amico scrittore e memorialista Boris Pahor (Trieste,1913), tra i primi estimatori del suo lavoro pittorico sull'Olocausto (http://www.spaziartelegnano.com/).
Al contempo si consiglia un click sul profilo tracciato in Wikipedia di Christian Boltanski: un figlio della Shoah, sempre presente nei suoi "memoriali" multimediali e situazionisti (http://it.wikipedia.org/wiki/Christian_Boltanski).

giovedì 19 gennaio 2012

Giorno della Memoria e S.Cirillo d'Alessandria venegonese...

La monofora vetrata che illuminandosi colora un San Cirillo d'Alessandria d'Egitto, si trova in Venegono Superiore presso il santuario di Santa Maria alla fontana; la suddetta finestra è quella posta lateralmente al presbiterio ed è la più prossima all'affresco principale con una luinesca Santa Maria Assunta alla quale l'antica chiesa è dedicata; rispetto alle altre due, con i Santi Benedetto e Francesco che danno sull'Aula assembleare, la prossimità del patriarca vescovo e teologo di Alessandria (370-444 d.C.) alla Vergine si spiega col fatto che questi, al Concilio di Efeso del 431, per contrastare le tesi nestoriane negazioniste della divina maternità di Maria, propose una teoria dell'incarnazione (validata anche dai teologi cristiani d'oggi) che gli valse il titolo di doctor Incarnationis.
Il problema è che questo dotto dell'Incarnazione di Maria, fece la pelle alla filosofa neoplatonica Ipazia (con buona approssimazione fu il mandante dell'omicidio di questa donna pagana ed anticipatrice del pensiero copernicano), perseguitando e sterminando coi suoi parabolani i pagani, i novaziani e gli ebrei! Ecco, forse nella prossima "Giornata della Memoria", passando davanti a Santa Maria, dovremmo ricordarcene!
PS. Ricordiamo inoltre che il sagrato e la via prospicenti la chiesa di Santa Maria, meriterebbero da parte dell'Amm. Comunale una maggiore attenzione e considerazione riguardo il decoro, i posteggi e la fruibilita' pedonale in sicurezza. A quando un fondo dignitoso al posto dell' asfalto? Quanto dovremo attendere ancora per vedere migliorate nella viabilità le più belle tutte le strade intorno al Parco Pratone (v. Pasubio, 25 Aprile e soprattutto v. Roma, delle Missioni, Oberdan, Garibaldi e la pericolosissima via Asiago )? E perchè non dedicare proprio ad Ipazia, Astronoma e Matematica, un Parco Pratone tutto da riqualificare nella sua fruizione (soprattutto estiva)?

lunedì 16 gennaio 2012

Guttuso, Giornata della Memoria e utili memorie di un 150°...

Renato Guttuso a cento anni dalla nascita (Bagheria, 26 dicembre 1911), originario di quella Sicilia dove 51 anni prima sbarcarono i Mille, venne a Venegono Superiore agli inizi degli anni '80 del secolo scorso: l'autore di pittoriche rivisitazioni storiche, come quella, risorgimentale, de "La battaglia sul ponte dell'Ammiraglio", ha anch'egli contribuito a quel novecentesco taglia e cuci o copia-incolla di un Risorgimento degno del Conte Frankenstein...
Il centocinquantenario, se non altro, con tutte le difficoltà a viverlo oltre che a celebrarlo in dialettica condivisione, e' il segnale che di ben altro ora occorre occuparsi con urgenza.
Con una doverosa coda a pochi giorni dalla "Giornata della Memoria": con l'Unita', nell'Italia sabauda lontana dal sogno risorgimentale, circa quarantamila ebrei si videro riconoscere pienamente i diritti civili e politici al pari di tutti gli altri (cittadini ma sudditi del "Nuovo Regno"): fuori dai ghetti, emancipati ma, per uguaglianza, tenuti anche a uniformarsi ai principi e ai codici di un'Italia laica.
La minoranza israelitica tra l'Unita' e la Grande Guerra, riconoscendosi emancipata in quanto borghese ma minacciata in quanto minoranza, si arrocchera' su posizioni che favoriranno proprio quel fanatismo antisemita che di li' a pochi anni condurra' agli stermini di massa (con Hitler: un piccolo dittatore dell'epoca Staliniana!); adottandone gli stessi toni nel modo di guardare a se stessa, come dimostra questo passo da "Settimana Israelitica" del '910, che così invitava gli ebrei italici a frequentare le palestre onde riscattarsi come "stirpe depauperata" da secoli vissuti entro le "mura fetide dei ghetti", per non esser piu' i "poveri e squallidi e smunti ebrei del Medio Evo ma gli ebrei forti energici e bellissimi, domatori di tutte le nevrastenie" (da "Fare gli ebrei italiani. Autorappresentazioni di una minoranza. 1861-1918).
"Giornata della memoria":
momento-monumento, memento-ammonimento, per ricordare un orrore da non rimuovere ma neppure da banalizzare in un evento-appuntamento anniversaristico, celebrativo e stancamente ripetuto di anno in anno quasi fosse un obbligo dettato da un rimorso collettivo.
Meglio sarebbe "dimenticare a memoria" un simile orrore (con espressione presa a prestito da Vincenzo Agnetti), per poterlo ripensare trasformandolo in energie positive ed inclusive.
Meglio sarebbe unirsi e fondere il proprio impegno profondendolo in luoghi ed eventi che per scala e visibilita' consentirebbero di concentrare anziché disperdere attenzione e risorse (per es. a Milano, "Binario 21" http://www.binario21.org/index.htm, le iniziative promosse dalla Comunita' Ebraica con Fond.ne Memoriale della Shoah, Ass. Figli della Shoah, Fond.ne CDEC, ecc.).
Meglio ancora sarebbe schierarsi per uno Stato di Israele libero, autonomo ma pacificatore in un Medio Oriente poco orante, diviso ed orientato assai al conflitto.
Insomma, troppe iniziative su una sola e simile questione, la Shoah, nuocciono proprio alla memoria (come oggi insegnano le neuroscienze).
Non venga fraintesa questa esortativa opinione: ma la conoscenza delle basi neurologiche della "costruzione della memoria collettiva" è, dai tempi di Primo Levi, cresciuta al punto tale da doverci indurre a rivedere le strategie stesse del ricordo e di quello traumatico in particolare; non per dimenticare ma per far sì che il ricordo non ci ancori nichilisticamente ad un passato che non passa... Solo in questo modo, su basi scientifiche -e Primo Levi sarebbe d'accordo come scienziato e come uomo-, sara' possibile sconfiggere qualsiasi tentativo di negazionismo revisionista.

martedì 10 gennaio 2012

Che fine hanno fatto i Mille?

"Fecero l’Italia. E poi, indigesti e spesso incompresi, continuarono a combinarne di tutti i colori. Chi finì in Patagonia e chi a Sumatra. Un gruppo di lombardi deportato in Siberia, altri sbaragliati in Africa, in molti gli emigrati all’estero. Un direttore di giornale assassinato dagli anarchici, parecchi chiusi in manicomio, chi si suicidò in un fiume e chi con una rivoltellata, un ungherese ingegnere tentò invano di realizzare grandissimi canali, un tiratore scelto bergamasco si ridusse a cacciar gatti e un suo compaesano risalì l’Italia con un teatrino di marionette. Vita, morte e miracoli dei Mille, la generazione che non fece solo l’Italia. A 150 anni dalla Spedizione del 1860 ricostruita per la prima volta la grande diaspora dei garibaldini, la migliore gioventù di allora. Ricostruite le vicende di un esercito di idealisti e bastian contrari, dibattuto tra colonialisti e di anticolonialisti, interventisti e pacifisti, ministerialisti e aventiniani. In un affresco dell’Italia unitaria, in cui molti volontari stentarono poi a ritrovarsi".
Le storie personali dei Mille, dimenticate come dimenticato è stato il "vero" Carlo Cattaneo, sono ora raccontate da Paolo Brogi nel libro "La Lunga Notte dei Mille" (Aliberti Editore).
Ed è proprio quel Risorgimento "meno ufficiale", però vivo, fatto di carne, di entusiasmo, di ideali ma spesso anche di destini tragici, che dobbiamo continuare a "dimenticare a memoria" senza più bisogno di un evento "ufficiale".