lunedì 13 giugno 2011

Considerazioni Eventuali

Il Risorgimento è una delle pagine più belle della nostra storia e fu accompagnata come poche altre dalla musica.
L'incontro sul pensiero federalista nell'8oo è stato per il Luogo Eventuale l'occasione di presentare e proporre un breve racconto in musica attraverso quel secolo, immaginando di trovarci in quelle vicende risorgimentali che furono contrappuntate da inni e canti a cominciare dall’addio del volontario che parte per il fronte (prima guerra di indipendenza) meglio noto come “Addio, mia bella, addio”, o, da “La bella Gigogin” scritta alla vigilia della seconda guerra d’indipendenza.
Anche nell’opera lirica, arte popolare per eccellenza del XIX° secolo, gradita anche alla borghesia più illuminata, molti sono gli accenni e le allusioni ai fermenti patriottici, nonostante l’assiduo ostruzionismo delle censure austriaca, papalina e borbonica. Quest’arte, che divenne un forte catalizzatore sociale ed un facile veicolo di entusiasmi, giocò un ruolo fondamentale nel processo che condusse tra diplomazia e guerre alla unificazione nazionale. La musica costituiva per tutti un idioma comune e poco contava l’origine, borbonica o papalina dei compositori più o meno famosi.
Non possiamo dire quanto la musica sia stata ispirata da quegli ideali di unità e libertà o quanto, viceversa, la musica abbia influenzato quegli straordinari avvenimenti che portarono all’unificazione nazionale.
La musica del Risorgimento è magnifica, grandiosa e sfarzosa, adatta a scuotere gli animi, ad infondere coraggio e ad armare i più audaci contro gli oppressori: resta celebre l’episodio del 10 gennaio 1859 alla Scala di Milano con i loggionisti a scalmanarsi al coro “Guerra, guerra!” in atteggiamento antiaustriaco e con gli ufficiali asburgici in platea a rispondere altezzosamente alla provocazione e, non dimentichiamo che qualche anno prima, il 12 marzo 1857, la prima rappresentazione del Simon Boccanegra alla Fenice di Venezia, venne accompagnata con l’esaltante grido di “Viva Verdi!” (Viva Vittorio Emanuele Re d’Italia).
Ed infatti le opere di allora sono opere eroiche dove il tema della insurrezione è sempre presente, ricordiamo l’opera “Fernand Cortez” di Gaspare Spontini (commissionata da Napoleone nel 1809) imperniata sulla resistenza azteca alla conquista spagnola, o le opere di Gioacchino Rossini “Mosè in Egitto” del 1818 contro la tirannide dei Faraoni ed il “Guglielmo Tell” del 1829 sulla indipendenza dei cantoni svizzeri, la musica è trionfale e vittoriosa.
Non solo le musiche ma anche i testi non fanno eccezione al tema della insurrezione.
Si narra che i due fratelli Attilio ed Emilio Bandiera, prima di essere fucilati, intonassero la seconda strofa del coro “Aspra del militar” tratta da “Donna Caritea, regina di Spagna” del 1826 di Saverio Mercadante cantando “Chi per la patria muor / vissuto è assai”, e divenendo così uno dei cori più celebri dell’epoca. Un’altra vicenda simile accadde alcuni anni dopo, quando a salire sul patibolo era Angelo Scarsellini, trentenne originario di Legnago, che la sentenza austriaca qualificò come “macellaio”, ma che, in realtà, era un giovane agiato e colto, figlio di un pretore, entusiasta patriota, il quale, a chi lo aveva danneggiato nel processo con le deposizioni delatorie, mandò il suo perdono esortandolo a morire da italiano, e per suo conto, attendeva serenamente nel carcere l’esecuzione della sentenza, cantando l’aria “Il palco è a noi trionfo” dal “Marin Faliero” del 1835 di Gaetano Donizetti.
Non possiamo non ricordare Vincenzo Bellini e la rabbia guerriera dei Druidi di Norma del 1831, insofferenti del dominio romano o, I Puritani sempre di Bellini del 1835: “Suoni la tromba e intrepido io pugnerò da forte: bello è affrontar la morte gridando libertà. Amor di patria impavido mieta i sanguigni allori, poi terga i bei sudori e i pianti la pietà”.
E’ sicuramente in Giuseppe Verdi che il patriottismo italiano trova la sua massima espressione tanto da rimanere nel cuore degli italiani, a rappresentarne la parte migliore e più illuminata: ricordiamo il coro dal “Nabucco” del 1842, che esalta la nostalgia di un intero popolo oppresso per la patria “sì bella e perduta”, gli accenti patriottici e guerreschi de “I Lombardi alla prima crociata” del 1843 con la malinconica preghiera corale “O Signore dal tetto natìo” e, “La battaglia di Legnano” del 1849, scritta dopo le Cinque giornate di Milano e, basata sulla lotta della Lega lombarda contro Barbarossa.
Grazie anche ad opere come “Ernani”, protagonista di una congiura regicida, del 1844 o “Attila” del 1846, in cui Aquileia si rivolta contro l’oppressore Unno, ma anche “Macbeth” ed “I Vespri siciliani” del 1855, inneggiante alla rivolta siciliana contro gli Angioini, Verdi diventa un simbolo di italianità e un convinto cantore del Risorgimento e di quella patria ancora da unire e da venire.
Rimane ricordo indelebile della nostra memoria quel “Valzer brillante”, opera di Giuseppe Verdi rimasta inedita, voluta da Luchino Visconti ne “Il Gattopardo”, che ha accompagnato tutta la scena finale del ballo, a testimoniare i sontuosi ambienti e le vestigia di un glorioso passato che assistono impotenti al loro declino dovuto all’irruzione del nuovo Regno d’Italia.
Ed i sentimenti dei primi anni dell'unificazione italiana non potevano che ispirare nel 1890 Pietro Mascagni e la sua “Cavalleria Rusticana”, la cui dolcezza delle note ci lascia finalmente apprezzare oltre all’esecuzione di un vero capolavoro anche il compimento di una grande opera e la realizzazione del sogno di tutti quelli che caddero per la patria.
Nella musica del XIX° secolo troviamo tutti noi: la nostra storia, il nostro passato, i nostri dolori, le nostre glorie.

2 commenti:

  1. Luchino Visconti, Conte di Lonate Pozzolo : che giro' "Senso", intorno alla battaglia di Custoza, sul Mincio... . Avrebbe voluto bruciare veramente la locanda dove alloggiava con Remo Girotti solo per ragioni di copione! Un folle, come tutti i nobili... decadenti e decaduti. Non discendeva comunque dai Visconti che sconfissero i Torriani a Castelseprio, da dove compilo questa notarella, sul finire del XIII sec. !

    Maurizio Medaglia, Conte di Carnago

    RispondiElimina
  2. La "musica risorgimentale", come quasi tutta la musica del XIX sec., ha un passo lungo e felpato caratteristico se non proprio stilistico; per quelli che come me preferiscono quello breve e "nervoso" del '700 (Pergolesi su tutti), rapido ma non veloce, mai slow e sempre on-slow ( festina lente ), la musica dell'800 e quella risorgimentale in particolare, sono una... tartarugha con molte rughe e senza neppure una vela !

    Maurizio (medaglia) oiziruaM

    RispondiElimina